Cavatielli o cavatelli?
Si racconta che Federico II fosse ghiotto di cavatielli e la leggenda lo descrive come inventore dei famosi gnocchetti stirati a mano. Non sarà senz'altro così, ma di sicuro questa pasta alimentare tradizionale della Puglia e del Molise, ma anche della Basilicata e delle aree immediatamente confinanti, ha un profondo legame con la tradizione gastronomica e culinaria meridionale e la centralità di questo piatto nella cucina storica e popolare di queste zone.
Un'altra leggenda vuole che durante i giorni che precedevano la Settimana Santa, il sagrestano della chiesa del paese di Santa Maria Assunta – Costanzo De Simone – era solito raccogliere dalle famiglie dei fedeli offerte particolari, consistenti cioè in semplici ciotole e sacchetti pieni di farina fino a raggiungerne il peso tra i settanta e cento chilogrammi. La 'missione' era quella di invitare le donne del paese a trasformare tutta la farina in ciufl du séppulch (cavatelli del sepolcro), primo piatto tipico del Molise, nei giorni che anticipavano il Giovedì Santo. Appena preparata, veniva offerta nella casa del sagrestano ai fedeli che uscivano dalla chiesa vicina, dopo la messa vespertina 'in Coena Domini'. La celebrazione dava inizio al Triduo pasquale insieme alla lavanda dei piedi e la legatura delle campane con le funi prima che ci si recasse all'Adorazione del SS. Sacramento (la c.d. ' Visita ai Sepolcri ').
Chiunque li abbia inventati, vengono celebrati in numerose feste: in Molise li si celebra nelle sagre di Petrella Tifernina, Pietracatella, Cercemaggiore; nel Lazio a Vitorchiano, conditi con sugo di pomodoro e finocchio, mentre e ancora in Basilicata con la sagra di Ruvo del Monte. Si preparano tradizionalmente con la semola di grano duro. Esistono due tipologie di preparazioni: una più classica, realizzata utilizzando sia da semola di grano duro che da farina bianca 00, ed un'altra nella quale si utilizzano solo semola ed acqua. La semplicità di questo prodotto nasconde un'infinità di abbinamenti e accostamenti di sapore possibili, emblema della splendida varietà sulla quale si fonda la gastronomia italiana: sughi di carne e di pesce, burrata o frutti di mare, cime di rapa e rucola, il tutto completato con il Canestrato pugliese D.O.P. o la ricotta salata.
Una delle ricette più tradizionali è quella chiamata 'al sugo vedovo', ed è tipica di Montenero di Bisaccia, in Molise. Perché questo nome così curioso? Perché è preparato senza carne (ma con il lardo!).
Ingredienti per 4 persone:
per l'impasto:
400 g di semola di grano duro (oppure 200 di farina Ideale per Pasta Fresca e 200 di semola)
200 g di acqua
sale
per il sugo:
500 g di pomodori
100 g di lardo
2 cucchiai di olio
2 cucchiai di prezzemolo
olio extravergine d'oliva
50 g di pecorino grattugiato
aglio
basilico
sale
pepe
Procedimento
Impastare la semola con l'acqua e un pizzico di sale. Formare una palla e coprire con pellicola trasparente. Far riposare in frigorifero per almeno un'ora. Infarinare il piano e modellare l'impasto in modo da formare piccoli cilindri di mezzo cm di diametro, tagliarli in tocchetti di circa 2 cm di lunghezza e trascinarli sul piano di lavoro schiacciandoli. Cuocerli in abbondante acqua bollente salata per circa 5-6 minuti, finché non saranno venuti a galla.
Nel frattempo fare un taglio a croce sulla cuccia dei pomodori, sbollentarli per pochi minuti, pelarli, privarli dei semi e tagliarli a cubetti. Tritare il lardo e farlo soffriggere in poco olio, prezzemolo e aglio.
Unire i pomodori, il basilico, sale e pepe e cuocere per 20 minuti.
Scolare i cavatelli nel sugo, saltarli con il pecorino e servire.